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Morelia viridis (SCHLEGEL, 1872)
Green tree python


Ordine: Squamata
Sottordine: Ophidia
Superfamiglia: Henophidia (Booidea)
Famiglia: Boidae
Sottofamiglia: Pythoninae
Genere: Morelia
Specie: viridis


Sottospecie

Morelia viridis viridis (SCHLEGEL 1872)
Morelia viridis shireenae (HOSER 2003)

Distribuzione geografica e biologia

Vive in Irian Jaya, Papua New Guinea, e relative isole, ed in una limitata zona in Australia: penisola di Cape York, nel Queensland.

map

Popola le foreste pluviali primarie, fino ad altitudini di circa 1800metri sul livello del mare (in bibliografia sono riportati ritrovamento ad oltre 2000metri di quota). Le zone in cui vive sono coperte da precipitazioni annuali che vanno oltre i 1500-2000ml/mq, il che rende il tasso di umidità relativa generalmente pari o superiore all’80%.
Si nutre prevalentemente di piccoli mammiferi, ed al contrario di quel che le credenze su questo serpente raccontano, i volatili non sono la preda principale, ma fanno parte occasionalmente della sua dieta. Gli esemplari di pochi mesi di vita, oltre a micro-mammiferi, cacciano anche piccoli sauri e nidiacei.
Ha attività prevalentemente notturne.

Interessante osservare l’evoluzione convergente con Corallus caninus, data dalla specializzazione nei confronti di un ambiente molto simile, che ha portato questi due animali, tassonomicamente e geograficamente così lontani (un pitone in Indonesia ed un boa in America meridionale), a raggiungere un aspetto estetico simile (cromatismo giovanile, cambiamento ontogenico dei giovani, colorazione principale degli adulti) ed uno stile di vita con tantissimi punti in comune (posizione sui rami, abitudini arboricole, tipologie di prede).
Nonostante si tratti di un animale dalle forti abitudini arboricole, non è raro osservare spostamenti via terra da parte di questo serpente, ambiente in cui si trova a suo agio, quasi quanto sui rami degli alberi.

Descrizione

Pitone di dimensioni contenute, in media comprese tra i 140cm e 170cm, e dall’aspetto longilineo.
Le dimensioni maggiori sono raggiunte dalle femmine, mentre i maschi, in genere, oltre a dimensioni più contenute, mantengono anche un aspetto più snello.

Il cranio, pur avendo dimensioni contenute, è ben formato e distinto dal corpo, tramite un esile collo. Ha occhi leggermente sporgenti, gialli, verdi o bruni, con pupilla verticale.
La colorazione varia secondo la zona di provenienza, ma, generalizzando, i babies possono essere gialli o rossi (da rosso vivo a rosso porpora scuro, quasi bruno), e mostrano un disegno irregolare sul dorso bruno/nero, così come macchie irregolari ed ocelli sui fianchi. Negli adulti il colore di fondo varia dal giallo al verde scuro, e relativi intergradi, possono essere presenti zone gialle sul fondo verde. Esistono esemplari azzurri: si può trattare di femmine in avanzata età, con diverse gravidanze alle spalle, sia di esemplari axantici, o di esemplari con un pattern azzurro particolarmente esteso. Sul dorso spesso troviamo un motivo azzurro, che può essere continuo o interrotto, e formato da triangoli o spine. Su dorso e fianchi possono essere presenti squame bianche e/o gialle, singole o raggruppate, e singole squame nere (mite-phase, spesso presente in esemplari giovani, che scompare con la crescita).
Il ventre varia dal bianco al giallo intenso, e può presentare sfumature azzurre o gialle sui lati.
La coda lunga e prensile può essere appuntita, o dall’aspetto “tronco”, verde, azzurra, gialla o nera.

Oltre le dimensioni, altro segno di dimorfismo sessuale è dato dal maggior sviluppo degli speroni cloacali nei maschi, che oltre ad essere generalmente più lunghi, sono anche più ricurvi. Anche lo sviluppo dei lobi temporali è maggiore nei maschi rispetto alle femmine, ma come metodo identificativo è troppo empirico, troppo inaffidabile.

Le femmine raggiungono la maturità sessuale attorno al 4° anno di età, superato il chilogrammo di peso, mentre i maschi sono potenzialmente maturi dopo il secondo anno di vita.

Di seguito, cercheremo di descrivere, brevemente, le caratteristiche distintive delle principali varietà geografiche (locality), facendo una netta distinzione tra località del mainland e località isolane, e cercando di cogliere le differenze maggiori all’interno delle varietà cromatiche che popolano il mainland.

Biak/Yapen (ed altre isole limitrofe, vedi Numfor)
Sono gli esemplari che raggiungono le dimensioni medie maggiori.
I babies possono essere sia rossi, con una greca dorsale nera composta da mezze lune color giallo o panna, oppure gialli con spots dorsali e laterali irregolari bruni.
Il cambio ontogenico è molto lento rispetto alle altre localities, poiché la colorazione definitiva può tardare sino al quarto o quinto anno di età.
Gli esemplari adulti assumono una colorazione verde con un tono più spento rispetto alle altre localities, talvolta verde chiaro, talvolta verde scuro.
Alcuni, al termine del cambio cromatico, mantengono macchie gialle più o meno estese, prevalentemente sul muso e nel primo terzo del corpo, e talvolta anche squame nere lungo il dorso. Alcuni esemplari, inoltre, presentano singole squame bianche, oppure gruppi, lungo tutto il corpo (dorso e fianchi).
La forma del cranio è molto allungata rispetto alle forme mainland.
La coda è molto lunga e spesso la parte finale è nera.
Il carattere di questi esemplari è spesso, ma non necessariamente, abbastanza fiero e reattivo, e non esitano a mordere se disturbati (un nostro maschio Biak/Yapen tenta di mordere ogni cosa che si muove, anche se questa è fuori dal terrario).

Aru
Gli esemplari babies, tra i più piccoli di questa specie, sono gialli, con disegni irregolari bruni sul dorso e sui fianchi.
Entro l’anno di vita, generalmente tra il sesto e l’ottavo mese, variano il colore verso quello definitivo, assumendo un verde generalmente carico ma non lucente. Generalmente, ma non sempre, sono presenti squame bianche sul dorso, singole o a gruppi, isolati (cioè non uniti da una linea azzurra) triangoli azzurri sul dorso e spots azzurri sui lati. I fianchi sono spesso sfumati di azzurro.
Il cranio è largo e tozzo rispetto alle altre provenienze, e la coda termina in modo “secco”, tronco, dando l’impressione che ne manchi un pezzo.
Interessante il fatto che nonostante l’esigua taglia che hanno alla nascita, quando si parla di Morelia viridis che hanno raggiunto dimensioni nettamente maggiori rispetto alla media, quasi sempre si tratta di Aru.

Kofiau
Da questa piccola isola del gruppo delle isole di Raja, ad ovest della penisola a "testa di volatile" (nella parte occidentale di Irian-Jaya, in cui si trova la città di Sorong) proviene una interessante varietà di chondro.
Gli esemplari babies sono giallo chiaro, con un rado pattern bruno, irregolare, e mantengono questa colorazione molto a lungo, quasi sempre sino ad un metro circa di lunghezza, e spesso oltre, perdendo inizialmente soltanto il pattern bruno, a vantaggio di uno stripe, solitamente incompleto, lillà o azzurro tenue.
Da adulti possono mantenere la colorazione gialla, ed avere un pattern azzurro molto chiaro o lillà, oppure possono divenire verdi, ma comunque mantenendo una tonalità molto chiara.
Il nome commerciale attribuito a questa varietà è “Canary chondro”, ed induce l’acquirente a pensare che la serpe rimarrà certamente gialla anche in età adulta, ma non è sempre così.
Volendo azzardare, si potrebbe ipotizzare si tratti di una varietà ipomelanica naturale, dato che la carenza di melanina spiegherebbe il colore giallo o verde tenue, ed il pattern lillà o comunque azzurro chiaro.

Mainland
I babies possono essere sia gialli sia rossi, con percentuali differenti in base alla zona di provenienza, ma quasi sempre misti. Il motivo dorsale dei babies gialli è bruno, composto da una linea irregolare che forma come delle spine, dei triangoli irregolari, e può essere più o meno continua. I babies rossi (che tendono al bruno scuro per le località montane, o highlands), hanno uno stripe nero, che forma triangoli colorati internamente di giallo o bianco, anche questo può essere più o meno continuo.
Entro l’anno di vita, generalmente tra il sesto e l’ottavo mese, variano il colore verso quello definitivo.
Il corpo è di dimensioni medie, ed il cranio più piccolo rispetto a Biak e Aru.
All’interno del territorio del mainland possiamo fare ulteriori distinzioni tra le principali forme note, cioè Sorong, Jayapura, Lereh, highlands, e Merauke.
Non in tutti i casi vi è una netta distinzione e separazione tra le differenti varietà cromatiche del mainland, questo anche per via dell’assenza di barriere naturali nette che dividono gli areali citati, per cui è meglio indicare queste varietà con il termine “type”, introducendo cioè una descrizione generalizzata di una tipologia cromatica che rispecchia la maggioranza (dove non è possibile farlo per la totalità) degli esemplari di quella zona, oppure che raggruppa una varietà cromatica sparsa anche su un territorio più ampio.
I Sorong-type hanno il corpo verde, ed un disegno azzurro sul dorso, che forma uno zig-zag irregolare, composto da un disegno a “spina”, generalmente non continuo.
Gli esemplari provenienti dai dintorni della città di Jayapura sono molto simili ai Sorong, spesso con il verde di tonalità abbastanza chiare, oserei dire luminoso, ma il disegno dorsale è solitamente continuo, e talvolta lo zig-zag forma veri e propri triangoli, non “spine” o “lacrime”.
I Lereh-type hanno una colorazione verde spesso forte e decisa, ed uno stripe dorsale azzurro che forma un zig-zag continuo. Questo stripe dorsale è composto da squame azzurre che sono sfumate di verde, dando nel complesso un tono molto brillante e lucente al disegno stesso.
Gli highland, cioè le popolazioni che abitano la catena montuosa centrale di Irian Jaya (Karubaga, Bokondini, Wamena…), catena composta anche da monti che superano i 4500metri di altezza (Mt. Wilhelmina 4730metri, Mt. Carstensz 5030metri, Mt. Juliana 4700 metri, Mt. Goliath 4595 metri), hanno il corpo spesso di colore verde scuro, con uno stripe dorsale azzurro che forma triangoli molto regolari, talvolta contenenti squame bianche e/o gialle, o riempiti da un colore verde chiaro. Talvolta sono presenti spots azzurri circolari sui fianchi.
Gli esemplari giovani spesso mostrano una serie di fitte squame nere, o pigmentate di nero, sul loro corpo. Questa fase cromatica, definita mite-phase, solitamente scompare con la crescita dell’animale, ma può restare in esemplari adulti, dando loro un aspetto veramente unico.
Gli esemplari denominati Merauke in realtà provengono da zone molto distanti dalla città di Merauke. I giovani sono generalmente gialli, con disegni dorsali di color bruno, simili agli Aru, ma molto più radi. Gli adulti sono di color verde acceso o scuro, comunque un verde molto marcato, e presentano una serie di squame bianche e gialle sul dorso disposte in fila, tendenti a formare uno stripe: alcuni esemplari hanno uno stripe uniforme e completo, altri hanno poche squame bianche e gialle. Possono essere presenti spots azzurri sul dorso.
Degni di nota sono gli esemplari provenienti dal monte Cyclops (2158metri), talvolta classificati come Jayapura, per via della vicinanza di questo monte alla città menzionata, talvolta inclusi tra le varietà montane, dato che comunque vivono a quote elevate, e presentano un pattern molto simile queste ultime citate.
Sono caratterizzati da un continuo stripe azzurro, che forma triangoli più o meno regolari, spesso “vuoti”, talvolta contenenti squame bianche o gialle. La particolarità di questa varietà di Morelia viridis sta nell’avere questo stripe azzurro non ben definito, ma molto sfumato, come fosse disegnato con una bomboletta spray, che talvolta si estende verso i fianchi, solitamente cosparsi di piccoli spots o ocelli azzurri, anch’essi sfumati. Tra le diverse varietà di Morelia viridis, i Cyclops sono probabilmente gli esemplari più blu/azzurri, sempre parlando in generale.

Terrario e allevamento

Pur essendo Morelia viridis un serpente arboricolo, si diletta in lunghe passeggiate sia sui rami sia sul suolo, quindi dovrebbe essere importante dare loro una teca con un discreto sviluppo orizzontale.
Per praticità, questi pitoni sono allevati spesso in box quadrati, aventi lato di 50cm circa, ma un terrario di lunghezza pari almeno a 60-70cm, per un esemplare, sarebbe più adatto.

Nell’arredo non devono mancare vari rami posti orizzontalmente a differenti altezze, su cui Morelia viridis potrà stare appollaiata nella classica posizione a sella, e sui quali potrà spostarsi per termoregolarsi e cacciare.
La tana non è necessaria, non sarebbe utilizzata, ma creare zone di ombra tra i rami con piante vere o artificiali può servire ad evitare stress all’animale.
Una ciotola per l’acqua è indispensabile, oltre che per abbeverare la serpe, per mantenere un buon tasso di umidità.
A questo proposito, nonostante tutti i nostri esemplari bevono regolarmente e senza difficoltà dalla ciotola dell’acqua, dare loro la possibilità di bere direttamente l’acqua raccolta sul proprio corpo e sugli arredi è più naturale, ed evita il rischio che alcuni esemplari più “pigri” si disidratino. Alcuni allevatori utilizzano piccoli contenitori per l’acqua posti all’altezza dei rami su cui generalmente Morelia viridis si sposta, in modo che possa più facilmente trovarli e bervi.

La temperatura media diurna della teca dovrebbe essere mantenuta tra 28°C e 29°C, preferibilmente con una zona più calda di un paio di gradi, ed una leggermente più fredda, mentre di notte è bene scendere di 3-4°C, per dare un andamento più naturale alla vita dei nostri ospiti. La fonte di calore primaria non deve essere montata al suolo della teca, perché per avere una giusta temperatura sui rami in cui Morelia viridis vive si avrebbero temperature troppo alte a terra, rischiando di ustionare l’animale durante i suoi spostamenti. Ricordiamo, inoltre, che essendo un animale arboricolo, tende a salire sui rami più alti per cercare calore, ed a scendere per trovare temperature più contenute. I metodi con i quali ci siamo trovati meglio consistono nel posizionare il riscaldatore sulla parte superiore o posteriore della teca, cosicché l’esemplare stabulato possa salire per scaldarsi, e posizionarsi nei rami più bassi per evitare il calore.
L’umidità media minima dovrebbe essere mantenuta attorno al 70-80%, con qualche punto in più durante le ore notturne. La ventilazione della teca deve essere comunque buona, per evitare l’insorgere di problemi respiratori, purtroppo non rari in questi animali.
È una buona abitudine nebulizzare almeno una volta al di questi serpenti, sia per alzare il tasso di umidità relativa, che per permettere a Morelia viridis di bere dalle gocce d’acqua che si accumulano sul proprio corpo e sui rami/arredi presenti nella teca. Ma la frequenza delle nebulizzazioni deve variare in base all'umidità media presente nel terrario, e perchè no, a quella della stanza in cui il terrario è ospitato.
Nebulizzare artificialmente (sia manualmente sia meccanicamente) porterà sicuramente l’umidità a saturare l’aria, ma la ventilazione della teca deve essere tale da restituire i valori medi in qualche ora.
I momenti migliori per nebulizzare sono certamente il mattino, va bene sia l’inizio che la fine, e la sera.
In circostanze normali, nebulizziamo i terrari delle nostre Morelia viridis soltanto il mattino, dato che la notte, con il calo delle temperature medie, si osserva un incremento del tasso di umidità relativo.

Fatta eccezione per gli esemplari provenienti dalle isole di Biak e Yapen (e altre isole limitrofe), Morelia viridis ha un carattere abbastanza tranquillo, soprattutto durante le ore diurne, in cui riposa tranquillamente sui rami del terrario, ma è bene portare molto rispetto e fare attenzione a questo serpente, soprattutto nelle ore serali, in cui è nel massimo dell’attività, perché un morso è abbastanza doloroso per via delle zanne ben sviluppate. Potrebbe scambiarvi per una preda, percependo il calore della mano.

Riproduzione

Morelia viridis non è un animale stagionale, è quindi in grado di accoppiarsi con successo durante tutto l’anno (in natura è possibile rinvenire nello stesso periodo serpenti babies, di vari mesi, e sub-adulti, segno che le nascite possono avvenire in differenti periodi dell’anno).
In cattività, per stimolare la riproduzione ed avere maggiori chance, si approfitta dei mesi invernali, per permetterci di abbassare la temperatura notturna, molto lentamente, sino a 20-22°C, lasciando invariata la diurna, anzi, assicurandosi che abbiano un punto di basking dove “recuperare” il calore durante le ore diurne.
Raggiunta la temperatura di regime del ciclaggio, si attende qualche settimana, dopo di che si introduce il maschio nel terrario della femmina. Meglio evitare di fare il contrario, perché i maschi in amore tendono ad essere molto territoriali ed aggressivi, e potrebbero confondere la femmina con un intruso rivale ed attaccarla. Sempre per questo motivo è bene non stabulare mai due maschi nello stesso terrario, poiché possono intraprendere lotte molto feroci, lanciandosi attacchi che possono provocare la morte di uno o entrambi gli esemplari.
I maschi cessano solitamente di assumere pasti in prossimità del periodo riproduttivo, spesso anche se non ci sono femmine nei dintorni. Uno dei nostri maschi, un Sorong-type, smette di alimentarsi per circa sei mesi durante l’autunno-inverno, e quasi sempre fa altre pausa in tarda primavera-estate.

Se il maschio è un buon riproduttore, da subito si assisterà al corteggiamento, momento in cui il maschio cerca di stimolare la femmina a “lasciarsi andare”, per pater così iniziare la copula.
Una volta che la femmina è pronta, si assisterà a numerosi e lunghi accoppiamenti, che in genere avvengono nelle ore notturne, ma talvolta anche durante il mattino o nel pomeriggio. Uno dei nostri maschi Biak predilige le prime ore del mattino per copulare.
Vedere due chondro in accoppiamento è una scena abbastanza comune, che però non porta necessariamente ad una gravidanza.

Se tutto va per il verso giusto, se la coppia è affiatata, e se la fortuna ci assiste, la femmina produrrà i follicoli, fase spesso percettibile per via di un leggero gonfiamento della sezione corporea della femmina, e per la posizione che la femmina assume, appoggiandosi al ramo su di un fianco (porgendo l’altro verso l’altro).
Dopo un periodo che varia da uno a due mesi dalla produzione dei follicoli, la femmina ovulerà, e questa fase è inconfondibile per via dell’enorme gonfiore della zona mediana del corpo della femmina, gonfiore che non le permette di stare normalmente acciambellata su di un ramo, e che la rende scomoda, agitata e nervosa. La sensazione che da è quella di aver mangiato un ratto di dimensioni esagerate rispetto alle prede solite, e di sembrare che stia per scoppiare. L’ovulazione dura solitamente 12-48 ore.
Non vi è una relazione temporale fissa tra l’ultima copula e l’ovulazione.
A questo punto, occorre ripristinare la temperatura notturna ai valori “normali”.

Anche se l’ovulazione di per se non da certezza sul buon fine della gravidanza, è già un buon punto, perché significa che i parametri ambientali ed il corteggiamento del maschio l’hanno indotta prima a produrre i follicoli, poi ad espellerli dalle ovaia.
Se gli ovuli vengono fecondati, ed inizieranno quindi a formare il guscio, non potranno più essere riassorbiti, dato che pare non esistono meccanismi in grado di farlo. Al contrario, sia i follicoli che gli ovuli, se non fecondati, possono essere riassorbiti e la gravidanza non avrà luogo.
La gravidanza, in media, dura 38-40giorni. Dopo 25-26 giorni dall’ovulazione, e 14-21 giorni prima della deposizione, la femmina fa una muta post-ovulatoria, e questo è il momento ideale per introdurre un nido nel terrario, nido dove la femmina entrerà un paio di giorni prima dell’evento e vi deporrà le uova, solitamente in numero variabile tra 15 e 25, ma anche qui non mancano le eccezioni, sia in eccesso che in difetto.
Nel periodo subito precedente la produzione follicolare, sino a dopo l’ovulazione, solitamente le femmine smettono di alimentarsi, per poi accettare qualche preda nelle prime settimane di gravidanza, ma non c’è da stupirsi se rifiuterà ogni tipo di preda sino a dopo la deposizione.

Il nido dovrà essere formato da un contenitore non trasparente (un lato può essere trasparente per verificare la presenza di uova, ma deve comunque essere oscurato), e dovrà contenere un substrato soffice ed asciutto, come ad esempio sfagno.

L’incubazione delle uova è complicata, per via della delicatezza di queste, e può essere fatta in due modi: naturale ed artificiale.
Il metodo naturale consiste nel lasciare le uova alla femmina, che provvederà a “covarle” aggiustando la temperatura tramite contrazioni muscolari, temperatura che deve essere comunque mantenuta a valori ottimali, diciamo attorno 29-29,5°C, in modo da lasciare alla femmina giusto il lavoro "di precisione". Occorre anche mantenere l’umidità dell’aria molto alta, e sempre la femmina lascerà che più o meno umidità venga assorbita dalle uova mantenendo più adese o allentando le proprie spire.
Il metodo artificiale sta nell’incubare le uova in una incubatrice, ad una temperatura di 30-31°C costanti, oppure effettuare un ciclo termico che va da 30°C la prima settimana a 31°C per le cinque settimane successive, per poi tornare a 30°C nell’ultima settimana (questo ciclo è stato misurato da vari allevatori, monitorando la temperatura incubazione materna).

Le uova schiudoto dopo circa 48-49 giorni dalla deposizione, magari variando di uno o due giorni a seconda delle temperature di incubazione, ma solitamente precise come orologi svizzeri se le si sono lasciate covare alla madre.

Svezzamento dei babies

Subito dopo la schiusa delle uova, sia nel caso in cui le uova siano state lasciate alla madre, sia in caso di incubazione artificiale, i babies andrebbero lasciati in un ambiente caldo e umido per qualche giorno (teca della madre, dopo aver tolto la femmina, o incubatrice), in modo che non subiscano "traumi" legati al cambio di habitat, sino a che non abbiano assorbito bene il sacco vitellino. Diciamo che se la temperatura di stabulazione dovesse abbassarsi, i babies potrebbero andare in blocco intestinale, e morire.
I babies di questa specie sono estremamente delicati nei primi giorni di vita, quindi prendere ogni precauzione possibile è d'obbligo.
In caso di incubazione materna, è bene fare molta attenzione quando si toglie la femmina dal nido, perché questa sarà abbastanza nervosa e protettiva nei confronti della prole, e movimenti improvvisi potrebbero danneggiare i piccoli appena nati.
Il metodo più comune consiste nel poggiare sulla femmina un panno, in modo da coprirla e tranquillizzarla, e poi in modo deciso ma delicato prenderla e toglierla.

Dopo un paio di giorni dalla nascita, i piccoli vanno stabulati singolarmente, e mantenuti ad una temperatura media di circa 28-29°C, cercando di mantenere l’umidità molto alta nelle prime settimane di vita. Alcuni allevatori mantengono un paio di centimetri di acqua sul fondo dei box dei babies, altri lasciano soltanto un substrato assorbente ben bagnato.
Vanno nebulizzati giornalmente, anche più volte al giorno, per permettere loro di bere e restare idratati.

Dopo circa due settimane dalla nascita i piccoli faranno la loro prima muta, e nel frattempo avranno anche defecato, espellendo i residui metabolizzati del sacco vitellino.
Da questo momento in poi, si può iniziare ad alimentarli, utilizzando pinkies di topo, tutt’al più insaporiti con pezzi di sauro o piume di nidiaceo.
Non sempre i babies accettano pinkies di topo facilmente, perché l'istinto dice loro di "cacciare altro".
Comunque, dato il temperamento spesso mordace dei babies viridis, basta stuzzicarli un po', per farli attaccare la preda, che ovviamente deve essere ben calda, e se necessario insaporita come descritto prima.
Solitamente, insistendo un po' ed avendo molta pazienza, dopo diversi tentativi, sempre e rigorosamente distanziati due o tre giorni l'uno dall'altro, i babies finalmente trattengono la preda e la mangiano!
Gli esemplari più complicati da avviare al pasto sono quelli che, se stuzzicati, tendono a scappare anziché mordere.
Con questi esemplari occorre avere più pazienza ed utilizzare un metodo differente, che consiste cioè nell'indirizzare la loro "fuga" verso un angolo del rispettivo box, in modo che sentendosi incantonati e non avendo più possibilità di fuga, siano costretti a mordere, e morso dopo morso capiscano cosa fare.
Raramente si avrà la necessità di alimentare forzatamente un babies, ma se proprio si deve ricorrere a questo metodo (esemplari particolarmente deperiti) è bene farlo con particolare cautela ed attenzione, per via della delicatezza strutturale della colonna vertebrale dei piccoli.

Come già accennato, i babies di questa specie sono particolarmente delicati, e talvolta può capitare che un esemplare apparentemente sano, che mangia regolarmente ed ha mutato già qualche volta, muoia improvvisamente, senza cause apparenti.
Infatti, tra gli allevatori si parla di "mortalità infantile".
Ovviamente questo non vuol necessariamente dire che qualche babies debba morire nei primi mesi di vita, ma talvolta capita, e senza un motivo palese.
Per questo motivo pensiamo che uno svezzamento debba durare almeno tre o quattro mesi prima di essere ceduto, onde evitare che l'acquirente compri un animale con una certa possibilità di avere problemi.
Questo fatto, secondo noi, denota anche la serietà dell'allevatore, che essendo in primis un appassionato dovrebbe mettere al primo posto la cura verso i babies e la possibilità di offrire animali "più sicuri" al pubblico, senza avere fretta di venderli pur di realizzare qualche € subito.

La delicatezza dei babies riguarda anche la loro fisicità, quiesti infatti sono particolarmente delicati, ed il dischio di provocare loro lesioni alla colonna vertebrale, per errato maneggiamento, è alta.
Per questo motivo i babies NON andrebbero sondati nei primi mesi di vita, e l'optimum è aspettare almeno il sesto/ottavo mese.

Note e commenti

Le necessità di allevamento, le cure ed attenzioni di cui questi animali necessitano, la loro facile stressabilità, nonché la poca sopportazione dei parametri di stabulazione errati e il conseguente rischio che il serpente contragga varie patologie, fanno di questa una specie inadatta a chi non ha un certo know-how sull’allevamento degli ofidi.
Questo è ancor più valido se si tratta di esemplari di cattura, e recentemente importati, sempre pieni di parassiti interni e soggetti a stomatiti e patologie respiratorie.
Noi stessi, prima di acquistare il primo esemplare di Morelia Viridis, abbiamo ponderato per anni ed allevato altre specie, e ad oggi ne siamo fieri, dato che le difficoltà non sono mancate, maggiori di quanto immaginato, e senza l’esperienza accumulata con le altre specie sarebbe stata veramente dura.

Inoltre, come accennato precedentemente, data la delicatezza dei babies e la probabilità di incappare in problemi legati alla mortalità infantile, chiunque fosse interessato a questa specie dovrebbe prendere in seria considerazione di acquistare solo esemplari nati in cattività e già svezzati, aventi già almeno tre o quattro mesi di età (vedi parte finale del capitolo sullo svezzamento dei babies), mettendo quindi in primo piano la qualità dell'animale che si sta acquistando, senza pensare a risparmiare magari qualche decina di € (che vanificherebbero l'intero acquisto in caso di problemi).

Angelo Cabodi
Silvia Tangredi